I fiori della Passione 7. Venerabile Giovanni dello Spirito Santo (Giacomo Bruni)

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È l’8 agosto 1882 quando la famiglia Bruni di San Benedetto del Tronto è allietata da un nuovo fagottino, che, fra le braccia di mamma Maria Antonia Marconi, viene presentato al papà Giuseppe, fabbro ferraio. È l’ottavo di nove figli, di cui solo quattro sopravvissuti all’infanzia, e sarà battezzato il giorno seguente con il nome di Giacomo.

Giacomo è un bambino come tanti bambini, vivace, allegro, ama giocare e fare scherzi, ma è anche un bambino molto sveglio, innamorato della Madonna e, sin da piccolo, impara a fare penitenza, addossandosi colpe – e conseguenti punizioni – che non ha commesso. Ancora piccolo aiuta il padre nella bottega di fabbro, ma ha anche slanci di profonda delicatezza, fa parte della banda comunale, dove suona il clarinetto.

La sua profonda devozione non sfugge al parroco del paese, che lo iscrive fra i “Luigini”, un gruppo di ragazzi, che hanno come modello san Luigi Gonzaga. Viene, inoltre, inserito in un gruppetto di ragazzini particolarmente propensi verso il sacerdozio, che il canonico don Pietro Panfili riunisce per dar loro una formazione più puntuale e prepararli, così, alla scelta definitiva. Giacomo si distingue in maniera particolare non solo per la sua spiritualità (sarà ricordato da diversi sacerdoti come un ragazzo che sapeva veramente come confessarsi) ma anche nella cultura e, ad appena 12 anni viene eletto a supplente di latino per le scuole serali per gli adulti.

Due anni prima, durante un pellegrinaggio a Loreto, aveva sentito di essere chiamato a seguire il Signore in maniera più profonda e totale, aveva risposto si, e quel si cresceva ogni giorno nel suo cuore, sebbene non sapesse ancora quale via intraprendere. La scelta vocazionale, infatti, fu difficile per Giacomo, sia per gli ostacoli interni alla famiglia, sia per quelli che provenivano dall’esterno. Dopo aver letto “L’opera di un soldo”, che invitava a donare qualcosa per le missioni, si dedica totalmente con il pensiero a quella meta, che tanti giovani dell’epoca sognavano, ma si fa anche apostolo presso i suoi compaesani, cercando di raccogliere più possibile per inviarlo alle missioni. Nel frattempo, affascinato da quel testo, edito dai missionari del Sacro Cuore, pensa che possa essere quella la sua strada, è quasi lì per entrare fra di loro, quando giunge un ostacolo difficile da sormontare: 500 lire necessarie per entrare nel loro seminario. La famiglia non può permettersi una tale cifra, Giacomo è deluso ma confida nel Signore, che non delude la sua fiducia.
Poco tempo dopo, siamo nel 1895, giunge in paese padre Basilio Viti, un passionista, che, saputo di Giacomo e del no ricevuto, esclama felice: “Datelo a noi questo ragazzo. E non si parli di soldi”. Il Signore ha indicato la strada: Giacomo si immerge totalmente nell’ideale passionista, nonostante le paure della madre, che considera troppo dura quella vita. Già a casa legge la vita di san Paolo della Croce e inizia a fare penitenza, dorme sulle tavole, vuole “provare se riesce a diventare passionista”. Il 29 maggio 1896, accompagnato da don Pietro, lascia il suo paese con un ultimo bacio alla porta della sua chiesa, che trova chiusa, visto l’orario tardo della partenza. A Roma lo aspetta padre Bernardo Silvestrelli, il superiore generale, che lo ribattezzerà “il moretto di san Benedetto”.

Entra in seminario a Rocca di Papa e un anno dopo, il 21 giugno 1897 veste l’abito passionista a Soriano nel Cimino, assumendo il nome di Giovanni dello Spirito Santo, e iniziando quel cammino di studio e di santità, che lo porterà alla professione religiosa, emessa a Moricone il 10 agosto 1898. Per completare il corso scolastico dimorerà in varie case, ma il giudizio su di lui sarà sempre lo stesso: “Giovane di una purezza singolare – si dirà –; l’anima sua poteva rassomigliare a un tersissimo cristallo. Impegno non ordinario per l’acquisto della perfezione. Dedito assai all’orazione a l raccoglimento di spirito. Amantissimo della ritiratezza. Affabilissimo. Non una virtù mancava in Giovanni. Mai fu visto melanconico… esercitava la virtù in maniera amabilissima. Nulla di esagerato, niente di affettato, ma tutto in lui era naturale, spontaneo. La sua fede appariva così viva e semplice come di un uomo più celeste che terrestre… Nella carità fraterna tenero ed affettuoso, della mortificazione molto amante. Dove era più ammirabile era nel’umiltà e nell’amore di Dio… Era in intimo, abituale raccoglimento. La preghiera fu il perno della sua vita… In tutte le virtù era molto al di sopra del comune”. Insomma la sua vita era un continuo progredire nelle virtù e nella conoscenza.

Ma la salute non lo aiuterà, nel 1904 compaiono i sintomi del grande male di quegli anni, una violenta emottisi lascia trapelare che i polmoni del giovane sono ormai compromessi, viene trasferito a San Marcello (Ancona), dove, miracolosamente si riprende, forse è l’ultimo dono che il Signore vuole fare a quel giovane tanto fedele e tanto amabile. Il 4 dicembre, infatti, con dispensa papale, viene ordinato sacerdote, una gioia indicibile lo inonda, la celebrazione della messa è per lui conforto e sostegno, il Sacrificio supremo unito al piccolo suo sacrificio. Ma nel giugno del 1905 la malattia riprende più violenta, viene nuovamente trasferito a San Marcello, ma, questa volta non c’è molto da sperare. L’ormai Padre Giovanni non si lascia abbattere, infonde in tutti speranza, scherza sulla sua stessa malattia, il sorriso sempre sulle sue labbra, l’unico suo cruccio è il fastidio che arreca ai suoi confratelli, che devono assisterlo, le uniche sue lacrime saranno per questo dolore di non poter ricambiare tanto affetto, gli viene, quindi, chiesto di concedere in cambio le sue preghiere.

Con il finire dell’anno le sue condizioni sono sempre più gravi, non riesce più a celebrare la messa, riceve i sacramenti e chiede gli venga letto il capito della vita di san Paolo della Croce che parla dell’amore di Dio. Muore così, il 12 dicembre 1905, sereno e sorridente, lasciando l’esempio di una vita breve ma spiritualmente intensa.

Sarà dichiarato venerabile il 9 giugno 1983, e le sue spoglie mortali verranno trasferite nella chiesa abbaziale di San Benedetto del Tronto sei mesi dopo. Il moretto di San Benedetto torna così missionario della gioia, testimone delle meraviglie compiute dal Signore nella sua vita, proprio nel paese dove ha imparato ad amare il Signore.


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